In principio il pomodoro era considerato come un frutto particolare a cui si attribuivano poteri straordinari ed addirittura eccitanti, fu nel 1705 che in quasi tutta Italia si inizia a lavorare e consumare il frutto. Il primo accenno alla preparazione delle bottiglie di pomodoro avviene nel ‘900 nel Mezzogiorno, da quel momento ogni famiglia prepara questo nettare per fare il sugo. Già ad agosto nelle case del Mezzogiorno le massaie si pongono il ritornello di: ”avimu accattari i pummadora”. In alcune Regioni prima di preparare la salsa le donne essiccano i pomodori per l’inverno oppure creano una salsa densa che viene conservata in vasi di creta, ricoperto di foglie di fico o di basilico ed era sigillato con la carta pergamena. Estate tempo di “maidde” stese al sole. Ma cosa sono le maidde?! Si tratta di tavole di legno (dalle origini etimologiche incerte) che vengono posizionate in un angolo del terrazzo, del cortile o del vicolo in cui si vive per molte ore al giorno. I raggi solari penseranno all’asciugatura dell’ <<astrattu>> o <<strattu>> a seconda della variante del siciliano parlata. In questi mesi caldi nelle borgate di campagna tanta è la gente anziana che ancora nel 2016 porta avanti questa arte vera e propria per poter gustare anche durante l’inverno del buon concentrato di pomodoro da inserire nei tanti piatti della cucina sicula! Una vera leccornia per gli intenditori oggi però è prodotta poco. Tuttavia è chiaro che il progresso abbia dato una mano pure a questa lavorazione artigianale, ma i profumi ed i sapori sono rimasti immutati. Ed è chiaramente cosa nota che il prodotto fatto con cura sarebbe servito alla famiglia per affrontare l’inverno. Alla lavorazione che si faceva e si fa nei cortili delle case o nelle aie partecipano tutti grandi e piccini, sembra una piccola catena di montaggio con ruoli ben impartiti. Il giorno della “ vigilia” la massaia preparava il tutto, andava alla ricerca della caldaia di rame e del tripode che serviva per il fuoco. Lavava le ultime cose comprese i butthighji e poi faceva portare i pomodori. Il pomodoro una volta portato nei cortili delle case per essere lavorato viene lavato e cotto nei calderoni. Scolato e frullato parecchie volte per ammorbidire anche le scorze. I recipienti lavati con cura e conservati per tale funzione vengono riempiti col succo rosso ed aromatizzati con foglie di basilico infine chiusi accuratamente ed adagiati nei fusti per l’ebollizione. Le bottiglie si dividevano tra quelle contenenti la polpa e i pomodori passati e quelle con gli spicchi crudi da poter usare per fare un differente tipo di sugo. Il segreto è nella macchinetta L’imbottigliamento del sugo è vissuto da molte famiglie, ancora oggi, come una cerimonia o piuttosto una festa, in cui ognuno ha il proprio ruolo e un compito diverso. Per completare il rito si impiegano normalmente tre giorni e il tempo è scandito dalle pause durante le quali si mangia insieme e ci si bea del profumo di pomodoro che avvolge la casa trasportandola in un’atmosfera surreale. Oggi la tradizione si tramanda di madre in figlia, ma le operazioni spiegate in calce sono tutte facilitate, alla macchinetta manuale è subentrata quella elettrica alla legna il gas ed al vicolo di paese garage o cortile persino il sughero è stato soppiantato dai tappi a corona.