In Calabria terra dalle molte tradizioni e dalle molteplici attività da sempre si fa riferimento all’uomo nero ossia alla figura du carvunaru, colui che per sbarcare il lunario produceva carbone vegetale nel cuore delle Serre Vibonesi. Desidero iniziare l’articolo con una testimonianza di chi da anni svolge questo millenario lavoro ormai però solo in pochi eletti conoscono la ricetta per cuocere il legno delle Serre:” Non si guadagna più tanto e ormai stanno in piedi solo le piccole aziende come questa, dove io penso alla carbonaia e mio figlio trasporta il materiale col camion. Dovrei chiudere, ma non me la sento: do ancora lavoro a cinque-sei famiglie. Altri tempi quando partivo con l’autocarro e portavo il carbone anche su al Nord: oggi è solo un prodotto di qualità per i ristoranti, anche se tanti preferiscono quello mediocre che arriva dalla Romania. I nostri mercati? La Campania, la Sicilia ma soprattutto la Puglia, anche se una volta arrivavi a Calimera, nel Leccese, e c’erano ventidue rivenditori di carbone e oggi non ne è rimasto “nessuno” commenta uno dei cuochi del legno di Serra. Un tempo questo lavoro era molto diffuso nel Serrese complici la folta vegetazione e l’inverno duro e pungente di quell’altopiano. Lavoro che un tempo diede riscaldamento a migliaia di famiglie del Mezzogiorno e non solo. Sia perché era facile in queste aree reperire il legname sia perché queste tecniche millenarie producevano un prodotto di ottima fattura. Serra San Bruno è un piccolo e antico borgo di 7.000 anime, arroccato in mezzo ai boschi della provincia vibonese ed oggi considerata come la Capitale delle Serre . Questo lembo di terra calabrese, in cui sono custoditi saperi millenari rimanda ad un tempo ormai lontano; un tempo in cui contava il lavoro dell’uomo, quello vero, fatto con le mani e con rispetto per la natura. Il lavoro dei carbonieri o carvunari come si dice nel Serrese è stato sempre presente in queste zone e sempre infatti fu mezzo di sostentamento ed è ancora qui non a caso che continuano a svolgere questo lavoro ancora pochi superstiti. In questo cammino identitario e visitando questi posti ci si rende conto di quanto l’uomo sia ormai lontano dalle sue origini. Qui però ancora lavorano e si tramandano un lavoro di generazione in generazione, usufruendo dell’immenso patrimonio di faggeti e castagneti che popolano queste alture. Ma andiamo per gradi gli ultimi carbonari , portano avanti la produzione del carbone allo stesso modo degli antichi, secondo una tecnica rimasta immutata e che risale ai Fenici. E’ proprio così la lavorazione del carbone prodotto dalla legna alimentava le antiche fonderie calabresi tanto per citare il suo impiego più proficuo. Circa 200 erano il numero dei carbonari che lavoravano nelle Fonderie del Borbone da Pazzano a Stilo. Quello del carbonaio infatti, è un mestiere antico quanto l´uomo; Scomparso ovunque, fa parte ormai dell´archeologia industriale. Solo da queste parti resiste ancora grazie alle tradizioni conservate gelosamente, alla maestria e buona volontà della gente del luogo. Oggi si contano nella cittadina di Serra 25 carbonai, che tutt’oggi svolgendo quel lavoro alacremente ne rispecchiano pregi e difetti. Chi arriva a Serra spesso ci diciamo tra noi resta avvolto da un profumo intenso che pervade l´aria, caratteristica di questo posto davvero unico. E´ una miscela odorosa sprigionata dall´incenso usato durante le messe dai monaci di clausura della vicina Certosa e dal fumo delle carbonaie attive, che a differenza del passato le piazzole non vengono più ubicate nel cuore dei boschi ma vengono accese nei pressi della città. Quelle poche ormai rimaste si trovano a poche centinaia di metri dal centro abitato, immerse nel rigoglioso bosco, e creano uno scenario quasi surreale. Permettendo così al carbonaro di non lasciare il centro abitato con la famiglia e vivere nei boschi per almeno 8 mesi l’anno. E’ facile infatti attraversare le Serre ed incontrare questi personaggi che mescolati alla vegetazione raccolgono così rami di alberi che poi serviranno per accendere questo vulcanetto detto scarazzu. Da questa sorta di cratere al centro uno sfiato permette alla carbonaia di “respirare”. Questo fa sì che il legno si cuocia lentamente, permettendo di disidratare la legna senza bruciarla. Il carbone è pronto quando il fumo azzurro che si sprigiona dal cratere centrale cambia colore diventando bianco. Proprio per dare vita a questo prodotto vegetale di elevato valore e alla luce di secoli di tradizione possiamo esser certi che saranno sempre qui , sicuramente, si produce la carbonella migliore che esiste oggi sul mercato: sarà la purezza del legno di faggio, sarà il profumo degli immensi e incontaminati boschi che compongono le Serre calabre, sarà la bravura dei carbonai. Sicuramente è tutto questo… ma sarà anche la cultura di una millenaria storia di umiltà, di lavoro, di onestà e di orgoglio
!