Quante volte in questi anni mi è capitato di leggere la stessa frase Calabria terra di Santi. Niente di più errato i Santi noti Calabresi si contano sulle dita di una mano, ed oggi mi occuperò di un Santo molto importante venerato nel Cosentino ed anche a Gaeta dove visse 9 anni della sua vita: San Nilo da Rossano. Nicola questo è il suo nome di battesimo nasce da una nobile famiglia a Rossano in Calabria, durante l’acme del Basilianesimo calabrese, proprio per questa ragione abbracciò l’eremitaggio e divenne un grande monaco Basiliano. E’ il Lenormant che mi fornisce un piacevole spaccato sulla vita del Santo Calabrese, secondo le parole dello storico francese fu calligrafo ed innografo. Nicola però prima di abbracciare l’eremitaggio sui monti dell’ Orsomarso si sposò ed ebbe una figlia alle quali non fece mai mancare nulla. La vita del Mercurion ebbe ad allettare molto il Santo è proprio qui divenendo allievo di San Fantino imparò l’arte della carità, dopo un periodo di eremitaggio dedicandosi al culto di San Michele Arcangelo il Lenormant mi informa: ”Non fu facile per Nicola diventare monaco e prendere i voti per via della sua originaria appartenenza al Decurionato Rossanese, ma pronunciò i voti nel convento di San Basilio”. La vita di Nilo assurge agli onori della cronaca nel 998 quando sia San Nilo che Giovanni Filogato vengono a vivere una vicenda che varcò i confini Calabri. Il Filogato anche’esso di Rossano venne eletto al soglio di Pietro col nome di Giovanni XVI. Le votazioni al papa Calabrese furono volute dai ricchi romani, in netto contrasto con i desideri dell’Imperatore Ottone III, che voleva Papa il cugino Gregorio V. Succede che il Papa Calabrese, cadde nelle brutali mani dei soldati dell’Imperatore che mutilano accecano e seviziano il Papa in carica. Nella primavera del 998, l’abate Nilo si trovava a Gaeta e si portò a Roma per perorare la causa del malcapitato facendo leva sulla sua veneranda età ben 88 anni ed il suo noto carisma. Ottone in primis si mostrò davvero conciliante col Santo, poi sotto i consigli di Gregorio V cominciarono le promesse non mantenute. La fine del Filogato era vicina, prima venne cacciato in Germania dove trovò la morte nel 1013. Nilo amareggiato tornò a Gaeta e decise di spingersi fino a Roma a portare il verbo greco, il volere di San Nilo si compì nel 1004 quando iniziò a fondare l’abbazia di Grottaferrata. Nilo è qui che si spense all’età di 94 anni ed è qui che siglò amicizie col papato. L’abate lasciò un grande insegnamento ai suoi seguaci, in prima istanza la comunione tra le due chiese superando i dissapori tra mondo greco e latino. Ne è di testimonianza il fatto che nel 1024 a consacrare la chiesa dell’abbazia di S. Maria di Grottaferrata sarà chiamato lo stesso papa Giovanni XIX, grande amico dell’abate Bartolomeo, il quale manterrà rapporti di amicizia e di confidenza anche con i papi Benedetto VIII e IX, Gregorio VI e VII, arrivando perfino a prendere parte attiva, per la stima di cui era circondato, ai Sinodi romani del 1036 e 1044. L’opera del Santo Calabrese fu davvero portata avanti nei secoli, ancora oggi quell’isola di spiritualità orientale voluta da S. Nilo con intuito profetico alle porte di Roma, continua ad esercitare il suo fascino e costituisce fermo richiamo e riferimento al dialogo ecumenico a testimonianza storica di una comunione costruttiva tra le due anime occidentale ed orientale, che possono convivere, pur nella diversità di rito e di espressione. Senza dubbio colpisce il fatto che mentre altre esperienze monastiche ebbero breve vita, esperienze calabro-greco-normanne che nel corso dei secoli sono andate via via scomparendo del tutto, la comunità greca dei monaci di S. Nilo, dopo mille anni è ancora lì, a due passi da Roma, faro e culla di spiritualità, seme e sfida ‘al nuovo millennio, perché il mondo cristiano, e non solo questo, possa riavvicinarsi e realizzare nel dialogo e nel rispetto reciproco.