Oggi è la metà di settembre una data che indicava un giorno di festa si praticava e si pratica la vendemmia. Eh si, era una festa e quelle poche volte che ho praticato la vendemmia tutto era ammantato di canti e ceste ricolme di uva. Gli uomini ripulivano le botti ed i palmenti mentre le donne raccoglievano i frutti della vite. Al mattino presto le donne di casa si recavano alla vigna e sfogliavano le viti che coprivano i grappoli. Un modo per farli baciare ancora dal tiepido sole e soprattutto per agevolare la raccolta e non dimenticarne nessuno. Bisognava però tenere d’occhio il tempo che spesso a settembre era ballerino. Poteva cambiare di giorno in giorno, si faceva di tutto per portare presto al sicuro il sudato raccolto accudito per un intero anno. Bastava un forte temporale o peggio una grandinata per rovinare tutto. L’uva infatti era divisa in due tra quella che doveva diventare vino e quella da spartire tra le donne che dovevano raccoglierla ed il vicinato. Tutti e dico tutti ne mangiavano. Le botti venivano imbonate ossia si chiudevano i pori che l’umidità creava nella stagione invernale. Venivano lavati botti, tini, che giacevano al sole per asciugare in attesa di essere ricolmi di mosto. Persino l’aria a sera profumava di mosto novello! Ma torniamo al lavoro delle donne nella vigna, veloci e laboriosissime non si concedevano distrazioni riempivano di tutto dalle ceste artiginali in vimina ai sacchi di iuta correvano con i loro “faddali “ variopinti ed i “maccaturi” a fiori verso il trattorino fittato per l’occasione a svuotare la loro “sporta”.Era un giorno di festa ed allegria. Molti cantavano felici del raccolto e soprattutto dell’unione familiare ed amichevole. Ci si aiutava a vicenda stabilendo e programmando i giorni. E’ chiaro che i meno ricchi si attrezzavano in casa a pigiare l’uva, spazio permettendo! Avevano la loro vasca in cemento e lo strettoio, “strittuariu” o in mancanza con semplici, ma enormi vasche di plastica o resina… Inoltre il progresso fece capolino anche in quest’arte. Quella del vino per i calabresi è arte! Poi arrivarono le sgrappatrici a manovella, prima, ed elettriche poi, e non fu più necessario “marciare a rocina” (calpestarla con gli stivali nel palmento). La vendemmia era davvero momento di condivisione era davvero magica la vendemmia calabrese. Quando il mosto profumato cominciava a scorrere dal rubinetto del palmento, l’aria si saturava di profumi fruttati che sembrava addolcissero tutto intorno creando una magica atmosfera vellutata. Leste le donne riempivano “le coddare” di rame lucidate a specchio ed accendevano grossi fuochi. Ci pensava il mosto cotto a dare il tocco finale a quel miscuglio generoso di profumi che stuzzicavano le narici.