La ginestra di calabria

Il giallo intenso della ginestra colora le pendici delle montagne di Calabria assieme al suo inconfondibile profumo che inebria l’aria di montagna. Tuttavia non è una pianta decorativa ma tessile diffusa nel nostro Mezzogiorno, pianta spontanea come se la mano operosa di Iddio abbia concesso ai calabresi di usufruire di questo privilegio. E’ chiaro che l’acroco aspromontano ha la zona di massima diffusione della ghiandalosa calabrese, dei carbonai e della Spagna. Da queste specie è possibile estrarre la fibra che filata e poi tessuta diventa : coperte, biancheria, e abiti e gli antichi romani confezionavano le vele delle navi con tessuti di lino e di ginestra. I fiori, disposti a grappolo, all’estremità dei ramoscelli, sono di colore giallo-oro e molto profumati, i frutti (baccelli) assomigliano a dei piccoli piselli. È una pianta molto rustica, cresce bene nei terreni profondi ed aridi fino a 900 metri di altitudine, sulle pendici ghiaiose, negli ambienti scoscesi e sui pianori. Chiaramente se la natura è benevola è il lavoro di estrazione del tessuto che è faticoso e lungo, poteva durare alcuni mesi si partiva da luglio con la cimatura e l’ebollizione. Dopo l’ebollizione nella cardara si passava alla macerazione nelle fiumare. Questo procedimento aveva lo scopo di separare le fibre dalla corteccia e dai tessuti interni con il disfacimento delle sostanze cementanti (pectine). A macerazione conclusa si slegavano i fasci, e i rami uno ad uno venivano strofinati con la sabbia per togliere la corteccia. Si proseguiva con una energica e ripetuta sciacquatura e “pestatura” dei rami.

Questa ultima operazione veniva effettuata con un bastone simile ad una mazza da baseball, ed aveva lo scopo di separare le fibre dai tessuti interni. La fibra così ottenuta veniva lavata, asciugata e trasportata nelle abitazioni. Era però in inverno che le donne pettinavano “cardavano” e filavano le fibre con l’ausilio di appositi “pettini”, del fuso e della rocca, alla fine si otteneva un filato di diversa grossezza. Con il filo più sottile venivano realizzati tessuti per lenzuola, camice e biancheria intima. I filati grossi, al telaio, diventavano tessuti per coperte, corde e bertule. Le abili mani delle donne calabresi coloravano i tessuti con prodotti naturali. Il colore ruggine si otteneva dalla radice dell’erica, il giallo dal mallo delle noci, il blu dalle foglie del clasto (pianta erbacea), il colore scuro dalla parte interna della corteccia della quercia, ecc. Dai rami oltre alla fibra tessile, si ricavavano degli ottimi legacci e scope. Dalla ginestra dei carbonai si estrae la sparteina (alcaloide), usata in medicina nella terapia delle aritmie cardiache e come induttore del parto. In questi ultimi anni a causa degli incendi, il numero delle ginestre è diminuito drasticamente con gravi danni alla stabilità del suolo. 

MEDITIAMO e riprendiamoci le nostre tradizioni!



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