Ecco che ho deciso di “spolverare” tutti i riti che ho raccolto intervistando mia nonna Maria quando era vita, quante belle cose mi ha raccontato. In questo senso si collocava anche il credere come alcune piante particolari, animali o “segni“ inconfondibili potessero contrastare la negatività. Tra le piante, quella dell’Ascensione (la ruta selvatica) veniva considerata uno dei segni augurali e premonitori. Questa doveva essere raccolta in un posto da dove non si poteva guardare il mare e andava raccolta in ore e giornata particolare. Doveva essere appesa ad un quadro, ad un chiodo ma comunque sopra al capezzale del letto. Questa pianticella, sradicata con le radici era facile trovarla e appartiene alle piante grasse. Si può scrivere, allora, come non avesse necessità di acqua e che pertanto potesse vegetare tranquillamente. E nelle case coloniche e di paese, dove l’umidità non era necessario “comprarla“ , era facile osservare il rigoglioso risalire dei germogli e poi la fioritura. Se fioriva, infatti, era di buon augurio, se seccava, al contrario non era un buon presagio. Abitualmente fiorivano tutte. Questa piantina si poteva cercare e quindi raccogliere solo la mattina in cui si celebrava l’Ascensione. Da questa ricorrenza religiosa aveva preso il nome di “l’erba de l’Ascensione“. Era un’erba considerata magica, usata fin dall’antichità da streghe e guaritori per le sue virtù: Chiamata volgarmente “ombelico di Venere”, questa pianta dai piccoli fiori rossastri , aveva il potere di attrarre la fortuna se veniva sospesa fuori dalle finestre in maniera tale che i fiori si volgessero sempre verso l’alto. Affinché l’erba dell’Ascensione, detta anche Erba della Fortuna, mantenesse il massimo potere benefico, doveva essere cercata all’alba e al momento della raccolta, per ottenere la sacralità del beneficio, occorreva venisse pronunciato il seguente versetto augurale:
“Ben trovata fhurtunejha, quandu Gesù jhia ppè terra! Chi ttì disse, chi ttì scrisse, Fhortunejha, chi ttì disse?”
Accanto alle leggende e alle tradizioni, fanno parte di ogni popolo pertanto le superstizioni, che spesso non sono altro che sopravvivenze di idee e concetti antichi, aventi radici in un modo di pensare ancestrale.