Il grano jermano veniva molto utilizzato in tutto il Mezzogiorno fino agli anni ’50, ma in realtà non è altro che un nome per identificare la segale. Fu introdotto tra le nostre cultivar dai tedeschi nella prima guerra mondiale per creare alcool e pane. Tuttavia anche la Calabria adottò questa cultivar sia a Canolo che a San Floro, oggi l’azienda Orto di famiglia dopo aver ritrovato la segale ha deciso di recuperarlo. E’ stato rinvenuto in Sila dove un contadino porta avanti la cultivar da 50 anni senza sosta! Lo scopo di questo grano è produrre il pane jermano come 60 anni fa e potrebbe essere una varietà nella dieta calabrese. Se da un lato c’è la riscoperta, la passione e la voglia di tornare ad intraprendere con i gusti antichi, dall’altro lato si può riappropriarsi di qualcosa che riporta al passato, quando i nonni portavano in tavola il pane appena sfornato. Pane di jermano. Essendo la Calabria una terra alquanto montuosa e quindi soggetta ad inverni rigidissimi questa cultivar tedesca si è potuta adattare bene ai nostri climi invernali. Probabilmente originaria dell’Asia nordoccidentale, la segale cominciò a essere addomesticata nel 1000 a. C. Le ragioni del suo successo? Prima di tutto, la sua rusticità. Questo cereale cresce perfino al circolo polare e arriva fino a 4000 m di altitudine. Fino al secolo scorso, la segale veniva ampiamente coltivata in Scandinavia, Francia, Svizzera, in tutto l’arco alpino e perfino sull’Aspromonte, dove veniva utilizzata per preparare il pane con grano e «jermano». Tuttavia pur dimostrando tenacia anche verso le malattie ha un difetto di non essere semplice da raccogliere né particolarmente produttiva. La sua peculiarità è dovuta anche alla questio salutistica cereale energetico, la segale fluidifica il sangue e previene l’arteriosclerosi. Torniamo al pane jermano è un motto ma anche un dovere per la salute. La farina di segale, detta in dialetto grano “jermano” o “ciurmano”, mischiata a quella di grano duro, costituisce l’ingrediente principale di un prodotto antichissimo. La produzione di questo pane è molto laboriosa, si prepara cu lavatu (lievito madre) che si prepara dalla sera per poi gettare acqua e farina e si copre con coperte di lana. L’indomani con olio di gomito si inizia la fatica si prepara l’impasto con 2/3 di farina di grano tenero e 1/3 di segale, l’impasto di questo pane risulta denso e viscoso ma è dopo la cottura che si conserva meglio ed a lungo. Dopodiché si taglia e si procede ad una cottura lunghissima circa due ore. Il pane di jermano presenta delle caratteristiche che lo contraddistinguono in maniera decisa: il colore molto scuro e la notevole conservabilità. Il grano delle zone montane, dopo il lungo declino iniziato nel dopoguerra, oggi è finalmente oggetto di una diffusa rivalutazione grazie alle eccellenti proprietà nutrizionali. Chiaramente di questo prodotto non si buttava via nulla ed una volta indurito, veniva spezzato o tagliato dentro un’apposita scatola di legno, in modo da recuperare tutti i pezzi, e ammorbidito in brodo o latte. Oltre alla panificazione, la segale può essere utilizzata sotto forma di pasta, che si trova facilmente in commercio nei negozi di alimenti biologici, e di altre preparazioni locali come le cabiette e gli gnocchetti. I chicchi tostati e macinati infine danno un surrogato del caffè; di sapore amaro, si trovano nelle miscele di cereali torrefatti.