Ho già parlato della ceramica di Seminara in questo blog se volete approfondire! Seminara comunque è un piccolo borgo in provincia di Reggio Calabria in cui intere famiglie di artigiani producono una delle ceramiche più bizzarre, colorate e fantasiose del Sud Italia, celebre per aver sedotto anche il poliedrico genio di Picasso. Un museo inaugurato da poco ma il cui lavoro si svolgeva da un biennio, lo scopo del museo è documentare le produzioni ceramiche regionali, molte delle quali oggi estinte, e si è avvalso, laddove ancora possibile, anche delle testimonianze degli artigiani ormai non più attivi. L’esposizione comprende una collezione di oltre 500 opere afferenti a 22 centri di produzione, e prevede la presentazione al pubblico anche di una ricca documentazione fotografica e audiovisiva. Il percorso museale, che si articola in tre sale, ha come obiettivo quello di tracciare un quadro dei principali contesti produttivi della ceramica regionale, identificati come tali per durata del fenomeno e quantità di artefici e manufatti, ma anche, e soprattutto, per i caratteri specifici che conferiscono una precisa fisionomia alla tradizione figulina di una determinata area. E in effetti la ceramica si colloca tra le produzioni più significative, nell’ambito della cultura materiale, perché in essa è possibile rinvenire diverse funzioni, da quella d’uso all’estetica, dalla simbolica alla documentaria, e a numerose altre. In tali casi l’apporto creativo del singolo artigiano viene sistematicamente riassorbito in un flusso plurisecolare che basa la propria identità su un sistema di codici – tecnologici, materici, linguistici, simbolici – trasmessi di generazione in generazione e che anche quando si evolvono e si arricchiscono di elementi nuovi continuano a fluire nel solco della tradizione conservando precisi caratteri di riconoscibilità che riflettono peraltro un profondo legame col territorio e con l’immaginario della collettività. A tal proposito, proprio a Seminara i ceramisti locali portano ancora avanti la tecnica di origini bizantine dell’ingobbio sotto vetrina e conservano miracolosamente attive antiche fornaci a nocciolo di ulivo. Una ceramica dunque dall’aura veramente antica, sebbene da oltre un secolo abbia varcato i confini regionali partecipando a importanti esposizioni nazionali e internazionali, ovunque trionfando per il suo schietto sapore popolaresco e per i profondi significati simbolici sottesi ai tipici soggetti interpretati dai ceramisti: la maschera apotropaica, mostruosa ed eretica o ispirata a eleganti prototipi classici, ma sempre diretta a preservare la dimora dagli influssi malefici; il riccio, che pur irto di aculei si configura quale simbolo di fecondità; il pesce, che rinvia da un lato alla tradizione cristiana e dall’altro a quella marinara; e poi fiasche antropomorfe, boccali a segreto, calabriselle e babbaluti, sirene e tutto ciò che la fervida fantasia del ceramista di volta in volta suggerisce alle mani e al cuore.
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