Siamo a Saracena quest’oggi, bellissimo borgo del cosentino. Bello ma altrettanto antico! Citato da Strabone e Stefano di Bisanzio e poi ripreso dal Pacichelli nel suo Regno di Napoli in prospettiva. Partendo da Fiore da Cropani che così parla di Saracena: “Terra antichissima, è la medesima, che già fiorì col nome di Sestio, edificata dagli Enotri. […] Fu ella la sesta Terra edificata da Enotrio Arcade in Calabria, cinquecento sessanta anni prima della Guerra Troiana, e perciò fu denominata Sestio”. Pacichelli invece aggiunge alla descrizione in calce qualcosa di più:” Sta numerata detta Terra per fuochi trecento settanta tre, ripiena di Nobili, e ricchi Abitanti, & ornata con molte fabbriche cospicue di Palaggi, e di Chiese, fra le quali ve ne sono tre Parrocchiali…”. Inoltre quello che colpisce di più è il clima del borgo, è possibile citare lo storico Vincenzo Forestieri, il quale, nella seconda metà del XIX secolo, così lo descriveva: “[…] Il clima è temperato e salubre è l’aria. Che se poi nelle alture, sulla montagna, l’inverno è rigido, nel tempo estivo invece il caldo è mitigato dalle fresche aure delle stesse montagne”. Queste montagne protessero il borgo dagli attacchi turcheschi e permisero ai Bizantini di praticare indisturbati il proprio culto ossia il Mercurion e poi si fonderà qui il CATEPANATO che includeva tutta la Calabria. In questo bellissimo posto tra le sue terre floride e verdeggianti un buonissimo Moscato Bianco divenuto simbolo della cittadina. Anche quest’uva ha una storia millenaria poiché il passito ricavato nel XVI secolo faceva parte della lista dei vini dell’Enoteca Pontificia: il Cardinal Sirleto (1514-1585) lo faceva spedire per nave da Scalea, affinchè non mancasse mai sulla tavola di Papa Pio IV. La sua fortuna fu però nell’800 poiché cominciò ad essere citato da molti enologi, prima effettivamente si produceva per consumo familiare, poi la sua fama lo fece ritornare in auge. Per produrlo il metodo è antichissimo e prevede la vinificazione separata del Moscatello di Saracena, vitigno autoctono, particolarmente profumato ed aromatico e delle uve Guarnaccia e Malvasia. Il principale artefice della riscoperta di questo vino è Luigi Viola, fondatore delle Cantine Viola. Non smetteremo mai di ringraziarlo! Il Viola rendendosi conto che il Moscato stava scomparendo per l’ennesima volta, perchè la sua produzione era ormai ridotta solo a poche famiglie per uso domestico, decide nel 1999 di fondare le Cantine Viola, per dedicarsi al suo recupero, alla sua valorizzazione ed alla sua diffusione. Il Moscato di Saracena è ancora salvo! La ricetta tradizionale è unica nel suo genere.Il Moscatello di Saracena viene raccolto ai primi di settembre e fatto appassire appendendolo grappolo per grappolo. Nella prima decade di ottobre si vendemmiano la Guarnaccia e la Malvasia, e, dopo una pigiatura soffice, il mosto, ottenuto usando in parti uguali i due tipi di uve, viene concentrato, ridotto di un terzo del volume iniziale, bollendolo a fuoco vivo, in modo da aumentarne il tenore zuccherino.I profumi e gli aromi sono conferiti dall’uva passita di Moscatello di Saracena. Raffreddato il mosto concentrato, ad esso si uniscono gli acini disidratati del Moscatello di Saracena, selezionati uno ad uno e schiacciati manualmente per evitare la rottura del vinacciolo, che ne comprometterebbe la delicatezza del gusto. Si usano di 25 kg di Moscatello di Saracena per ogni hl di mosto. Ha inizio così una lunga fermentazione in acciaio innescata dai lieviti autoctoni dell’uva appassita e una macerazione dell’uva di Moscatello di almeno sei/sette mesi. I risultati ottenuti sono eccellenti, i premi ed i riconoscimenti numerosi, tanto che altri concittadini si sono convinti a seguire la via di Luigi, cimentandosi nella produzione del Moscato di Saracena, ed affiancandolo nella battaglia per il riconoscimento della DOC. Prosit!