Il Fucile Mongiana era un unico modello a percussione con canna da 40 pollici simile al modello 1842 dell’esercito francese rispetto al quale è più lungo di 45 mm, il movimento di alzatura è trasmesso direttamente e le finiture sono d’ottone ad esclusione della controcartella rettangolare. Tra le somiglianze da notare che l’acciarino a “molla indietro” è privo di tirantino e su di esso solitamente viene inciso l’anno di costruzione mentre il marchio di fabbrica all’esterno di esso, il cane di percussione sul luminello è dritto. Sul calcio vengono riportate le “coordinate” del soldato che lo usa: la sigla del reggimento, il numero della fila ed il numero di posizione. Prende il nome del piccolo borghetto di montagna oggi nel Vibonese mentre a suo tempo nelle Reali ferriere ed Officine di Mongiana nell’omonimo paese del Monteleonese su un’idea del direttore M. Carascosa e alla precisa volontà di G. Murat. L’idea di fabbricare armi a Mongiana è stata francese i borbonici non hanno fatto altro che sfruttare le idee dei precedessori. Le valutazioni economiche del Direttore Carascosa, tra i primi ad intravedere i vantaggi dell’utilizzazione del ferro sul posto, unite alla fame d’armi che affliggeva il Regno napoletano e Impero napoleonico, decidono la costruzione della “Fabbrica delle Canne”. Quindi per coloro che sono scevri di nozioni storiche il primo modello del fucile venne prodotto nel 1850 dalla “Fabbrica delle Canne” lungo il fiume Ninfo attuale frazione di Serra San Bruno dove già dal 1813 venivano prodotti fucili semilavorati. L’edificio murattiano della “Fabbrica delle Canne” è costruito senza eccessive pretese, in tempi ridotti, e per giunta in un luogo soggetto alla piena dei fiumi. Se la scelta del luogo è stata infelice e la costruzione non brilla in grandiosità, viceversa gli armieri che vi lavorano sono di primissimo ordine; provengono dalla zona napoletana e in qualche caso sono francesi al seguito di Murat. L’influenza francese sul “Mongiana” è determinata dalla presenza a fianco dei colleghi locali di numerosi armaioli e tecnici francesi. Si spiegano così anche le origini di molte famiglie di Mongiana dagli inequivocabili cognomi francesi: Brussard, Jorfida, Sadurny, Geoffri, ecc. Dal 1852 al 1860 la produzione avverrà nella nuova Fabbrica d’armi di Mongiana in quanto la precedente Fabbrica alla fine del 1850 venne distrutta da una alluvione. Fino al 1858 i fucili erano a canna liscia e solo dopo verranno prodotti a canna rigata e con alzo a cursore. La rigatura veniva eseguita spedendo le canne alla Manifattura di Gioacchinopoli a Torre Annunziata che possedeva il macchinario adatto. Nella seconda metà del 1860 a causa della guerra la produzione del fucile fu raddoppiata, portandola a dodici fucili, baionette e sciabole al giorno. Tutti gli esemplari noti, prodotti tra il 1852 e il ’60, recano il nuovo marchio di fabbrica. Unica testimonianza della sua attività è oggi rappresentata da un fucile con il marchio “R”(egia) “M”(anifattura) “di Mongiana” inciso all’esterno dell’acciarino.; un solo fucile porta impressa la nuda dicitura “Mongiana 1860” in quanto probabilmente costruito negli ultimi mesi di quell’anno, durante la gestione garibaldina. Tanto il “1851”, da noi attribuito alla vecchia produzione, che tutti gli altri fucili sono d’identico modello, con canna da 40 pollici, il quale pur se è il solo sopravvissuto, non è l’unico tipo costruito a Mongiana. Dopo il 1861, privatizzata, Mongiana venne acquistata da Achille Fazzari. Era stato garibaldino, ammodernò il vecchio fucile per farne un moschetto, e, con il nome di “Mongiana” trovò chi, nell’esercito, lo adottasse. Non durò a lungo, e la fabbrica finì abbandonata. Una leggenda metropolitana parla di macchine trasferite a Terni, ma un amico che vive proprio lì e che intendeva darsi alla ricerca, non ha trovato alcuna prova. Basta che se ne parli sul serio, senza fantasie da “terza potenza industriale del mondo”, seguita da improvviso “genocidio”.