Il codice purpureo di Rossano

Il Codex Purpureus Rossanensis scritto in greco non è altro che un Evangeliario contenente tutto il Vangelo di Matteo, quasi tutto quello di Marco ed un quarto della lettera di Eusebio sui Vangeli e la loro concordanza. Un testo comunque di cui si ignorano gli autori e tra le altre cose mutile 188 le pergamene lavorate col color porpora e scritto in greco onciale e senza separazione delle parole, come mancano accenti, segni di interpunzione: insomma un unicum nel suo genere. L’illustrazione dei manoscritti, infatti, si è rivelata essenziale nella conservazione dei testi antichi e nella trasmissione delle informazioni in essi contenute, in un’epoca in cui le nuove classi dirigenti non sapevano più né leggere né scrivere. Scritto in colonne di 20 righi, iniziano con un inciso sui Vangeli con caratteri d’oro e argento. Le miniature conservate nel Codice sono quindici. Di esse, dodici(I, II,III,IV, V, VI, VII, VII, X, XI,XII, XIII) raffigurano episodi della vita di Cristo, una riproduce il Canone della concordanza degli evangelisti (IX) , mentre l’ultima(XV) è un ritratto di Marco. Purtroppo non è possibile ancora dare una datazione e tanto meno chi introdusse questo evangeliario a Rossano, inoltre la maggior parte degli studiosi osservando lo stile lo vogliono su un periodo compreso tra il IV e il VI-VII secolo. Esistono però, altri evangeliari provenienti dalla Siria e quindi questo unicum potrebbe provenire da queste terre. Sembra ancora plausibile che il Codex sia stato introdotto con le ondate emigratorie dei monaci greci, effettivamente il primo iconoclasmo, abbia condotto a Rossano un gruppo di monaci che custodivano il prezioso Testo Sacro. Ma non è da escludere anche che sia stato un nobile aristocratico della corte di Bisanzio a recarlo a Rossano. Cosa curiosa e che il Codex venne riconosciuto e segnalato nella sacrestia di Maria Santissima Achiropita solo nel 1846 ( periodo Borbonico) dal giornalista Cesare Malpica e fu scientificamente studiato nel 1879 dai tedeschi Oscar von Gebhardt e Adolf Harnack, che lo sottoposero all’attenzione della cultura internazionale. Dalla Provincia Citra di Calabria si sparge la voce di questo tesoro inestimabile ed impareggiabile conservato a Rossano. La sua impareggiabilità e la sua preziosità ha permesso al Codex Rossanensis di diventare patrimonio Unesco. Inoltre è stato collocato programma di conservazione del patrimonio documentale “Memorie del mondo” (“Memory of the world”) dell’Unesco (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization), al fine di proteggere questo patrimonio da eventuali cataclismi. Una bella notizia per la Calabria, che si conferma capitale dei beni Unesco, la Calabria che dopo avere conquistato i beni immateriali con l’inserimento nel 2013 della rete italiana di macchine a spalla che comprende anche la Varia di Palmi. La rinascita del nostro territorio avverrà davvero solo quando nuove e vecchie generazioni capiranno fino in fondo il valore di una terra che può offrire molto ai suoi abitanti, a patto che essi credano veramente che essa è il luogo giusto dove realizzare i propri sogni.



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